Manipolazione Euribor: il Tribunale di Torino si discosta dalla Cassazione

Di
Redazione
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19 Febbraio 2024

Con sentenza del 29 gennaio 2024, il Tribunale di Torino (G.U. Astuni) si è pronunciato in senso difforme all’ordinanza n. 34889 del 13 dicembre 2023 della Cassazione in materia di intesa anticoncorrenziale sulla manipolazione dell’Euribor e nullità parziale del contratto di finanziamento.

La pronuncia della Cassazione, nell’interpretazione data dal Tribunale di Torino, ha affermato il principio di diritto secondo cui “le intese vietate ai sensi dell’art. 2 della L. n. 287 del 1990 (cd. legge antitrust) non sono soltanto quelle trasfuse in contratti o negozi giuridici in senso tecnico, ma anche quelle veicolate da comportamenti o condotte “non negoziali” che, con la consapevole partecipazione di almeno due imprese, restringano o falsino, in qualsiasi forma e in modo consistente, la concorrenza all’interno del mercato; ne conseguono, da un lato, la riconducibilità alla citata nozione normativa dell’accordo manipolativo del tasso Euribor accertato dalla Commissione Europea con decisione del 4 dicembre 2013 e, dall’altro, la nullità dei contratti “a valle” che si richiamino per relationem al tasso manipolato, assurgendo la predetta decisione a prova privilegiata di un’intesa illecita, alla quale è irrilevante che non abbia preso parte l’istituto bancario contraente“.

Tale principio viene disatteso dal Tribunale di Torino, il quale ritiene che il contratto di finanziamento di banche non aderenti all’intesa anti-concorrenziale non possa essere qualificato come contratto “a valle” di un’intesa illecita, per i motivi di seguito meglio espressi.

Il tema della manipolazione dell’Euribor e connessa validità della clausola di determinazione degli interessi alla luce dell’orientamento della Cassazione del dicembre 2023 verrà affrontato nel corso del webinar del prossimo 20 febbraio. Maggiori informazioni e modalità di iscrizione al seguente link.

La Cassazione, nella sentenza n. 34889/2023, ricorda il Tribunale di Torino, ha ritenuto la nullità parziale, per la parte concernente il parametro Euribor degli anni 2005-2008, del finanziamento concesso da un’impresa estranea all’intesa, perché “raggiunto dal divieto di cui alla L. n. 287 del 1990, art. 2, è qualunque contratto o negozio a valle che costituisca applicazione delle intese illecite concluse a monte (Cass. 12/1212017, n. 29810)”.

Sennonché, prosegue il Tribunale di Torino, è stato ripetutamente chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. sez. un. 4.2.2005 n. 2207 seguita da Cass. sez. un. 30.12.2021 n. 41994) che il cosiddetto contratto ‘a valle’ costituisce lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti e che la funzione illecita di una intesa si realizza per l’appunto con la sostituzione del suo diritto di scelta effettiva tra prodotti in concorrenza con una scelta apparente.

E ciò indipendentemente da quale sia lo strumento che conclude tale percorso illecito.

A detto strumento non si può attribuire un rilievo giuridico diverso da quello della intesa che va a strutturare, giacché il suo collegamento funzionale con la volontà anti-competitiva a monte lo rende rispetto ad essa non scindibile.

In altri termini stante il “collegamento funzionale” con la volontà anti-competitiva a monte, ai contratti a valle non può attribuirsi un rilievo giuridico diverso rispetto all’intesa che li precede: nulla essendo quest’ultima, la nullità non può che inficiare anche l’atto consequenziale (in motivazione Cass. n. 41994/2021, §§ 2.5.4. e 2.5.4.1).

Il contratto si trova “a valle” perché serve a dare esecuzione all’intesa anti­ concorrenziale e a realizzare gli scopi illeciti delle imprese aderenti ed è, per tale strumentalità a un fine illecito, colpito da nullità ex art. 1418 comma 1 c.c. e art. 2 legge n. 287/90.

Secondo il Tribunale lo scopo illecito consiste qui, in modo evidente, nel miglioramento da parte delle Banche aderenti alla concentrazione dei propri flussi reddituali in relazione alle “posizioni di negoziazione/esposizioni assunte” (Decisione della Commissione UE).

A fugare il facile pregiudizio che esista un uniforme interesse del ceto bancario a mantenere alto il tasso Euribor, si legge al contrario nella Decisione che, secondo la varietà delle posizioni assunte – in operazioni di credito e/o derivati su tassi – “la banca può avere un interesse per un fixing EURIBOR elevato (quando riceve un importo calcolato in base all’EURIBOR), basso (quando deve pagare un importo calcolato in base all’EURIBOR) o forfettario (quando non ha una posizione significativa in nessuna delle due direzioni)” (decisione Commissione, punto (5) della motivazione).

Due sono pertanto le primarie differenze tra il caso di specie e i precedenti riguardanti lo schema di fideiussione omnibus raccomandato dall’ABI alla generalità delle banche aderenti e da queste volontariamente adottato: (1) manca l’intervento di un ente esponenziale degli interessi dell’intero ceto bancario; (2) manca altresì una posizione collettiva comune all’intero ceto bancario nei confronti della clientela.

Pertanto, conclude il Tribunale, non è possibile qualificare come contratto “a valle”, agli effetti della repressione dell’intesa anti-concorrenziale di manipolazione dell’Euribor, qualsiasi contratto di credito in corso di esecuzione negli anni tra il 2005 e il 2008 e parametrato all’Euribor, a prescindere dall’accertamento – decisivo – dell’adesione dell’impresa bancaria all’intesa per la manipolazione del prezzo.

Fonte: Diritto Bancario

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