Verranno aumentati i limiti per le compensazioni “libere” per i soggetti che accedono al regime premiale derivante dagli indicatori di affidabilità fiscale (Isa). Inoltre, la mancata indicazione nelle dichiarazioni annuali dei crediti d’imposta derivanti da agevolazioni, ove spettanti, non comporterà la decadenza dal beneficio. Sono due novità (entrambe positive per i contribuenti) contenute nella bozza di decreto legislativo sugli adempimenti attuativi della riforma fiscale approvata ieri dal Consiglio dei ministri.
L’entrata in vigore della prima disposizione determinerà che, per i soggetti che rientrano nel regime premiale Isa di cui all’articolo 9-bis, comma 11, del Dl 50/2017, i limiti della compensazione “libera” (vale a dire senza necessità di ottenere il visto di conformità) passeranno:
dagli attuali 20mila euro a 50 mila euro annui per l’utilizzo in compensazione dei crediti derivanti dalle dichiarazioni delle imposte sui redditi e dell’Irap;
dagli attuali 50mila euro a 70mila euro annui per l’utilizzo in compensazione del credito Iva, e per l’esonero dall’apposizione del visto ovvero dalla prestazione della garanzia per i rimborsi Iva.
La relazione accompagnatoria alla bozza di decreto ricorda che le soglie di applicabilità del regime premiale in relazione a ciascun beneficio vengono annualmente fissate con provvedimento direttoriale dell’agenzia delle Entrate, per cui è possibile che «le più alte soglie individuate nella norma potranno essere correlate a livelli di affidabilità maggiori (ad esempio, soggetti Isa con punteggio pari o superiore a 9)». Attualmente il “voto” necessario per acquisire il beneficio è pari almeno a 8, ovvero 8,5 se calcolato attraverso la media dei “voti” Isa del biennio precedente. Per i crediti superiori a 5mila euro è comunque necessaria la presentazione preventiva (di almeno dieci giorni) della dichiarazione.
Quanto ai crediti d’imposta la disposizione vuole risolvere la confusione venutasi a creare quando ci si dimentica di segnalare il credito in dichiarazione. Con riferimento ad alcuni benefici, soprattutto in passato la legge introduttiva (o più frequentemente il decreto attuativo) stabilivano l’indicazione in dichiarazione del credito maturato (e dei relativi utilizzi) «a pena di decadenza». Per altri crediti (in particolare in quelli più recenti), invece, questa conseguenza non è stata più prevista, al punto che la stessa agenzia delle Entrate ha ammesso la presentazione di dichiarazioni integrative (ad esempio risposta ad interpello 396/2021). La giurisprudenza (anche in relazione alla diversa disciplina dei crediti di volta in volta coinvolti) è stata oscillante, così come il comportamento degli Uffici nei recuperi. Ben venga, quindi, una disposizione che chiarisca, una volta per tutte, che la mancata indicazione in dichiarazione (la bozza cita quelle dei redditi, Irap, Iva e modello 770) non comporta mai la decadenza dal beneficio, purché il credito sia spettante. La precisazione che «non si dà luogo al rimborso di quanto già versato» potrebbe consentire l’applicabilità a tutte le posizioni ancora in contenzioso e ai comportamenti omissivi già tenuti ma non ancora contestati.
Resta ferma l’applicazione dell’articolo 17, comma 2, del decreto Mise n. 115/2017: l’inadempimento degli obblighi di registrazione di aiuti (anche de minimis) non subordinati all’emanazione di provvedimenti concessori nel Registro nazionale aiuti di Stato determina l’illegittimità della fruizione del beneficio. Si tratta della (discussa) conseguenza dell’omessa indicazione nei righi del modello dichiarativo dedicati agli aiuti di Stato che, a livello fiscale, si sana ravvedendo la sanzione minima di 250 euro (risoluzione 26/E/2021).
Fonte: Il Sole 24 ore