Transazione fiscale: le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate

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Redazione
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14 Febbraio 2021

Con la circolare n. 34/E del 29.12.2020 (testo in calce) l’Agenzia delle Entrate ha inteso fornire nuove istruzioni in materia di valutazione delle proposte di trattamento del credito tributario (c.d. transazione fiscale) presentate nell’ambito delle procedure di gestione della crisi di impresa in considerazione del particolare momento di emergenza derivante dall’epidemia da COVID-19.

L’intervento esplicativo si è reso necessario in ragione delle recenti modifiche apportate alla disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, così come intervenute per effetto delle novità introdotte dall’art. 3, comma 1-bis, del D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 novembre 2020, n. 159.

L’art. 3, comma 1-bis del D.L. n. 125/2020 ha infatti modificato l’art. 180, comma 4, L.F. e l’art. 182 bis L.F. prevedendo che il Tribunale possa omologare il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione dei debiti anche in mancanza di voto od adesione da parte dell’Amministrazione finanziaria quando ritenga, anche in base alle risultanze del professionista attestatore, che la proposta dell’imprenditore sia migliorativa rispetto all’ipotesi liquidatoria.

L’Agenzia delle Entrate ha pertanto ritenuto di mettere a disposizione un vero e proprio vademecum in materia che racchiude anche indicazioni in ordine ai rapporti con i rappresentanti dell’imprenditore in stato di crisi e con il commissario giudiziale, al fine di puntualizzare gli esiti delle interferenze che vengono a crearsi tra le azioni di questi ultimi e le attività istruttorie condotte dagli uffici.

Dopo aver inquadrato la normativa relativa alla transazione fiscale, al concordato preventivo ed agli accordi di ristrutturazione dei debiti, la circolare analizza il ruolo del professionista “attestatore” con particolare riferimento al requisito dell’indipendenza, elencando altresì le attività propedeutiche all’attestazione.

Il documento fornisce inoltre delucidazioni in merito al ruolo della finanza esterna e dei creditori strategici.

Sommario

1. La transazione fiscale

2. Il professionista attestatore

2.1. Controllo sulla veridicità dei dati aziendali

2.2. Verifica della fattibilità tecnico-finanziaria del piano

3. La valutazione della proposta di trattamento dei crediti tributari

3.1. Le valutazioni da svolgere nel concordato preventivo

3.2. Le valutazioni da svolgere per gli accordi di ristrutturazione dei debiti

3.3. Il giudizio di manifesta inattendibilità

4. La posizione del contribuente

4.1. La condotta del contribuente

4.2. I precedenti fiscali del contribuente

4.3. Le fattispecie di frode

5. Il ruolo della finanza esterna

6. La rateizzazione del debito tributario

7. Le percentuali di ristoro

8. Creditori strategici

1. La transazione fiscale

La circolare ricorda innanzitutto che l’istituto della transazione fiscale regolato dall’art. 182 ter L.F. rappresenta una particolare procedura “transattiva” tra Fisco e contribuente che si colloca nell’ambito del concordato preventivo (art. 160 L.F. e ss) e degli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182 bis L.F. e ss)

La transazione fiscale consente al contribuente di poter beneficiare di un pagamento in misura ridotta e/o dilazionata del credito tributario privilegiato, oltre che di quello chirografario.

La transazione fiscale si pone quindi come strumento diretto a trovare una soluzione condivisa tra imprese ed Amministrazione finanziaria, al fine di contemperare gli interessi erariali con la salvaguardia della continuità aziendale e dei connessi livelli occupazionali.

Si tratta di uno strumento innovativo che consente il parziale superamento del principio di indisponibilità del credito erariale, in ragione della necessità di tutelare altri interessi di pari rilievo costituzionale.

La circolare a questo punto, come anticipato in premessa, descrive brevemente gli istituti del concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione per poi concentrarsi sul ruolo del professionista attestatore.

2. Il professionista attestatore

La circolare pone particolarmente l’accento sulla funzione della relazione dei professionisti che attestano la veridicità dei dati aziendali e l’attuabilità dell’accordo.

Si tratta infatti di uno strumento di garanzia a favore dei terzi e dei creditori che consente loro di poter assumere scelte ponderate sulla base di informazioni corrette, attendibili e sufficientemente complete.

Ciò in quanto la relazione di attestazione è finalizzata a rafforzare la credibilità degli impegni assunti dal debitore mediante il piano diretto al riequilibrio della situazione economico-finanziaria ed al risanamento dell’impresa.

Alla luce di quanto previsto dall’art. 180 L.F. e dall’art. 182 bis L.F., la circolare ricorda che la relazione di attestazione è uno degli elementi di cui può avvalersi il Tribunale per omologare il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione dei debiti, anche in mancanza, rispettivamente, del voto o dell’adesione dell’Amministrazione finanziaria.

La relazione di attestazione è dunque un documento idoneo a far acquisire al piano proposto dall’impresa un valore presuntivo, con specifico riferimento alla sua fattibilità ed alla sua convenienza.

In mancanza di un quadro normativo specificatamente dedicato al nucleo minimo di riscontri ed informazioni che devono essere contenute all’interno della relazione di attestazione, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcune indicazioni operative che consentono, in linea generale, di ritenere il rapporto coerente con la finalità che la stessa deve perseguire.

La relazione di attestazione dovrebbe pertanto contenere i rilievi riconducibili alle seguenti due macro aree tematiche aventi ad oggetto l’attività di verifica sulla veridicidità dei dati aziendali e sulla fattibilità tecnico-finanziaria del piano.

2.1. Controllo sulla veridicità dei dati aziendali

La circolare fornisce innanzitutto un’indicazione di natura metodologica in merito alla modalità di svolgimento dell’attività di controllo sulla veridicità dei dati aziendali che il professionista deve effettuare, tenendo conto dell’adeguatezza e del corretto funzionamento del sistema amministrativo e contabile dell’impresa.

L’attestatore è difatti investito del compito di condurre un’analisi dei dati contabili dell’azienda, con particolare riferimento a quelli che sono direttamente assunti a base della realizzazione del piano.

Un aspetto che può favorire una valutazione positiva è rappresentato, a seconda della dimensione dell’impresa, dalla sussistenza di presidi finalizzati al controllo interno ed all’individuazione dei principali rischi aziendali (c.d. control risk, ineherent risk, detection risk).

Alla luce del principio di revisione internazionale “(ISA Italia) 500 – elementi probatori” elaborato dall’Associazione italiana delle società di revisione legale (ASSIREVI), la circolare evidenzia poi che il professionista attestatore deve controllare il rispetto delle seguenti asserzioni:

  • Esistenza: verifica che una determinata attività o passività siano esistenti ad una certa data;
  • Diritti ed obblighi: appuramento che un’attività o una passività siano di pertinenza dell’azienda ad una certa data;
  • Manifestazione: controllo che un’operazione (o un evento) di pertinenza dell’azienda abbia avuto luogo nel periodo di riferimento;
  • Completezza: verifica che non vi siano operazioni non contabilizzate o per le quali manchi un’adeguata base informativa;
  • Valutazione: appuramento che le attività o le passività siano contabilizzate a valori appropriati;
  • Misurazione: verifica che le operazioni siano correttamente contabilizzate ed i costi ed i ricavi imputati per competenza;
  • Presentazione e Informativa: verifica che una voce o un’operazione siano evidenziate, classificate e corredate da adeguata informativa.

L’attestatore deve quindi vagliare la veridicità dei dati accolti nel piano e di quelli contenuti nella documentazione allegata allo stesso, oltre gli elementi necessari alla sua predisposizione.

La circolare evidenzia che la validazione delle informazioni patrimoniali, economiche e finanziarie, che rappresentano i dati di partenza del programma di risanamento o liquidazione, costituisce una forma di garanzia volta ad attestare che le stesse siano attendibili e in grado di fornire un quadro fedele della situazione dell’azienda e della presumibile evoluzione della gestione.

L’Agenzia delle Entrare richiede pertanto che tutte le assunzioni alla base del lavoro di attestazione e, soprattutto, la descrizione dei riscontri effettuati dovranno essere rinvenibili nella relazione di attestazione.

2.2. Verifica della fattibilità tecnico-finanziaria del piano

Con riferimento alla fattibilità tecnico-finanziaria del piano, la circolare precisa che l’attività di controllo deve innanzitutto partire dalla diagnosi delle cause della crisi di impresa.

Sulla base di quanto contenuto nel piano, l’attestatore è chiamato ad accertare che i fattori di criticità siano stati puntualmente individuati e che, data la loro struttura ed intensità, sia possibile superarli.

La relazione di attestazione deve pertanto contenere:

  • l’indicazione degli strumenti diagnostici utilizzati,
  • la specificazione della completezza del quadro informativo messo a disposizione dal professionista;
  • l’esposizione dei risultati cui è pervenuto l’attestatore.

Per quanto concerne la fattibilità del piano, la circolare ritiene molto importante che dalla relazione emergano le specifiche analisi condotte dal professionista sulle principali ipotesi che il management pone a fondamento della strategia di risanamento.

Nel caso di un piano che preveda la liquidazione del patrimonio aziendale, l’Agenzia delle Entrate precisa inoltre che la relazione deve contenere l’indicazione delle informazioni da cui si possa evincere:

  • l’attendibilità del metodo utilizzato per stimare il valore di realizzo dei cespiti;
  • la prova documentale dello svolgimento di trattative da parte dell’imprenditore, allorquando il piano faccia riferimento a corrispettivi di cessione concordati con terzi acquirenti.

Per quanto riguarda invece il piano che preveda la continuazione dell’attività di impresa, la circolare precisa che è necessario verificare che l’action plan predisposto dal management aziendale specifichi le condizioni necessarie per la sua attuazione.

La relazione di attestazione deve pertanto confermare che i meccanismi causali posti a fondamento dell’action plan siano idonei a raggiungere gli obiettivi prefissati, suffragandone:

  • la coerenza interna, in quanto deve essere verificata la compatibilità tra le previsioni contenute nel piano ed i risultati storicamente conseguiti dall’impresa;
  • la coerenza esterna in quanto deve essere verificato che le ipotesi relative alle variazioni del contesto economico in cui opera l’impresa siano confermate con dati provenienti da fonti esterne ed attendibili (pubbliche istituzioni, associazioni di categoria, primarie società di consulenza, ecc.).

L’Agenzia delle Entrate richiede inoltre che il professionista attestatore ponga particolare attenzione alle situazioni in cui i risultati prospettati siano migliori rispetto a quelli storicamente conseguiti dall’impresa, ovvero superiori rispetto a quelli che sono previsti per il mercato di riferimento.

La circolare, in questi casi, richiede che l’attestatore debba corroborare la realisticità delle ipotesi formulate.

Il professionista è, in questo caso, tenuto a verificare che:

  • le ragioni dell’over performance siano state accuratamente illustrate nel piano;
  • l’impresa possa ragionevolmente conseguire risultati migliori, alla luce non solo delle sue specifiche caratteristiche o di futuri mutamenti del contesto competitivo in cui opera, ma anche in ragione di altri eventi altamente probabili;

3. La valutazione della proposta di trattamento dei crediti tributari

Dopo aver brevemente illustrato gli elementi che debbono essere riepilogati all’interno della relazione di attestazione, la circolare passa ad analizzare i criteri di valutazione da impiegare al fine di esaminare la proposta di trattamento dei crediti tributari.

La circolare chiarisce innanzitutto che le indicazioni operative sono state predisposte con l’obiettivo di assicurare, su tutto il territorio nazionale, l’applicazione di regole uniformi in merito allo svolgimento dell’attività di valutazione che è incentrata sul criterio della convenienza economica.

La base del procedimento argomentativo che porta a ritenere accoglibile una proposta è difatti fondato sulla regola generale rappresentata dalla valutazione in merito alla maggiore o minore convenienza economica della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria.

La relazione attestata riveste pertanto un ruolo fondamentale, trattandosi di un documento capace di far acquisire un valore presuntivo alle prospettazioni ed alle conclusioni contenute nella proposta.

Le istruzioni prevedono come regola generale che i provvedimenti di accoglimento o diniego della proposta devono essere assunti e motivati in ordine alla maggiore o minore convenienza economica della stessa

La circolare contiene a questo punto le indicazioni operative necessarie per poter compiere la valutazione a seconda del caso in cui la proposta venga formulata in sede di concordato preventivo od accordo di ristrutturazione dei debiti.

3.1. Le valutazioni da svolgere nel concordato preventivo

Per quanto concerne le valutazioni da svolgere nell’ambito della procedura di concordato preventivo, si rammenta che l’Agenzia delle Entrate aveva già formulato delle indicazioni in proposito con la circolare n. 16/E del 23 luglio 2018.

Nel richiamare il proprio precedente provvedimento, l’Agenzia delle Entrate precisa dunque che, in forza di quanto previsto dall’art. 182 ter L.F., la relazione del professionista deve contenere i rilievi e le informazioni necessarie a far emergere che la proposta concordataria sia maggiormente satisfattiva dei crediti tributari, all’esito della comparazione tra il pagamento proposto con la domanda di concordato e quanto ricavabile nell’alternativa liquidatoria.

Per poter svolgere fattivamente questo confronto, l’Agenzia delle Entrate ritiene indispensabile che l’attestazione debba contenere degli elementi che tengano altresì conto del maggiore apporto patrimoniale che è rappresentato in via alternativa:

  • dai flussi o dagli investimenti generati dalla eventuale continuità aziendale;
  • dall’esito dell’attività liquidatoria gestita in sede di concordato preventivo.

La circolare chiarisce altresì che l’apporto patrimoniale non costituisce tuttavia una risorsa economica nuova, ma deve essere considerato come finanza endogena, in quanto, ai sensi dell’art. 2740, c.c., il proponente è chiamato a rispondere dei debiti assunti con tutti i propri beni, presenti e futuri.

Nell’ambito della procedura concordataria, l’Agenzia delle Entrate ricorda che la valutazione della fattibilità giuridica ed economica della proposta e del piano, nonché della sua convenienza rispetto all’ipotesi liquidatoria, viene eseguita da parte del commissario giudiziale tramite la relazione redatta ai sensi dell’art. 172, LF.

Per tale motivo, la circolare precisa che l’Ufficio è tenuto a fornire una puntuale motivazione nel caso in cui non intenda aderire alla transazione fiscale, allorquando il commissario giudiziale abbia reso un parere favorevole alla proposta di concordato e, conseguentemente, alla connessa proposta di trattamento dei crediti tributari.

L’Ufficio deve infatti giustificare il proprio diniego attraverso una motivazione idonea a confutare analiticamente, in base ad elementi chiari, oggettivi e verificabili, le argomentazioni e le conclusioni formulate dal commissario giudiziale.

3.2. Le valutazioni da svolgere per gli accordi di ristrutturazione dei debiti

Per quanto concerne invece gli accordi di ristrutturazione dei debiti, la circolare evidenzia che, in forza di quanto previsto dall’art. 182-ter, comma 5, L.F., la relazione di attestazione del professionista di cui all’art. 182 bis L.F. debba avere ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudizialerelativamente ai crediti tributari, ciò in considerazione del fatto che tale questione costituisce oggetto di specifico apprezzamento da parte del tribunale.

La relazione di attestazione del professionista deve pertanto avere ad oggetto:

  • la veridicità dei dati aziendali;
  • l’attuabilità dell’accordo, con specifico riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei;
  • la convenienza del trattamento proposto rispetto all’alternativa liquidatoria.

Per tale ordine di motivi, la circolare precisa che il professionista è tenuto a compiere, nel caso di specie, una valutazione comparativa paragonabile a quella richiesta in caso di concordato preventivo.

3.3. Il giudizio di manifesta inattendibilità

Alla luce di quanto sopra richiamato, per poter esprimere una valutazione sulla proposta di transazione fiscale, gli Uffici devono:

  • operare un confronto con gli altri creditori, al fine di verificare il rispetto del divieto di trattamento deteriore dei crediti erariali;
  • esaminare il requisito della maggior convenienza economica della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria.

Gli Uffici sono dunque chiamati a confrontare l’importo che l’Erario può percepire sulla base della proposta di transazione fiscale rispetto all’ammontare realizzabile, alternativamente, mediante la liquidazione giudiziale dell’impresa, tenendo conto dei valori degli asset aziendali e dell’ammontare conseguibile, in forza delle legittime cause di prelazione, in sede di assegnazione ai creditori delle somme realizzate mediante la liquidazione stessa.

Per poter compiere questo tipo di indagine è necessario fare riferimento agli elementi esposti nel piano attestato dal professionista indipendente, nonché a quanto verificato dal commissario giudiziale nel caso di concordato preventivo.

Gli Uffici possono disattendere le risultanze contenute nelle relazioni solamente quando le ritengono manifestamente inattendibili od insostenibili.

È tuttavia essenziale che l’eventuale contestazione sia basata su elementi idonei a dimostrarne la manifesta infondatezza.

La valutazione viene effettuata tenendo conto non solo del contesto economico e competitivo di riferimento, ma anche della situazione economico-patrimoniale dell’impresa.

Nel caso in cui venga espresso un giudizio di palese inattendibilità od insostenibilità della proposta di transazione fiscale, la circolare impone inoltre agli Uffici di adempiere a specifici obblighi di motivazione ed informazione a favore del contribuente.

Gli Uffici sono in primo luogo tenuti a fornire una puntuale adeguata motivazione del proprio diniego.

La motivazione deve perciò contenere gli elementi necessari ad individuare analiticamente le ipotesi, le prospettazioni ed i dati compendiati sia nel piano sia nella relazione che sono ritenuti inattendibili.

Gli Uffici devono, in secondo luogo, portare a conoscenza del contribuente gli esiti delle proprie valutazioni, in modo da consentire una tempestiva interlocuzione tra le parti finalizzata ad esaminare gli elementi di criticità rilevati mediante l’utilizzo di parametri di comune dominio.

Nel caso in cui dovessero emergere particolari carenze o criticità in sede di esame della documentazione esibita a supporto della proposta di transazione fiscale, la circolare chiede agli Uffici di avviare un sollecito confronto con il contribuente.

Lo svolgimento di una tempestiva interlocuzione tra le parti è infatti finalizzata a:

  • garantire la massima celerità della procedura istruttoria in ossequio ai principi di economicità, trasparenza e non aggravio del procedimento;
  • definire i termini della questione ed addivenire ad una soluzione condivisa.

4. La posizione del contribuente

Ai fini della valutazione della proposta di transazione fiscale, la circolare fornisce alcuni chiarimenti in merito alla rilevanza che può essere attribuita alle seguenti fattispecie, vale a dire:

  • le condotte ed i precedenti fiscali del contribuente;
  • le ipotesi di frode.

4.1. La condotta del contribuente

Secondo quanto evidenziato nelle istruzioni formulate dall’Agenzia delle Entrate, la condotta del contribuente, in termini generali, non inficia o pregiudica la valutazione della convenienza della proposta di trattamento del credito.

L’iter di valutazione della proposta può difatti essere negativamente influenzato solamente da condotte che si sostanziano in eventuali attività distrattive o decettive.

Si tratta di attività che possono incidere direttamente sulla veridicità dei dati indicati ovvero causare, alternativamente o cumulativamente, una sottostima delle attività, una sottrazione fraudolenta, ovvero una sovrastima delle passività.

La circolare, a questo punto, enumera una serie di ipotesi che possono costituire attività che il contribuente potrebbe porre in essere prima di attivare le procedure di composizione della crisi con finalità distrattive o decettive, quali ad esempio:

  • la simulazione della cessione di asset aziendali a soggetti correlati all’impresa;
  • la conclusione di di atti liberali (ad esempio un atto di remissione del debito) non giustificati da normali logiche di mercato (ad esempio un atto finalizzato a salvaguardare specifici rapporti commerciali);
  • il perfezionamento di operazioni di riorganizzazione aziendale, finalizzate a trasferire artatamente nel proprio patrimonio personale poste dell’attivo, costruendo così una bad company da sottoporre alla procedura compositiva;
  • l’uso di fatture per operazioni inesistenti allo scopo di creare costi a carico dell’impresa.

Se dovessero pertanto emergere condotte distrattive o decettive, la circolare si premura di specificare che incombe sugli Uffici l’obbligo di segnalare alle autorità competenti i comportamenti rilevanti sotto il profilo della procedibilità e legittimità della procedura di gestione della crisi di impresa.

Nel caso di concordato preventivo, la segnalazione deve essere fatta al commissario giudiziale al quale è affidato il compito di attivare il procedimento di revoca della procedura ai sensi di quanto disposto dall’art. 173, L.F.

4.2. I precedenti fiscali del contribuente

L’Agenzia delle Entrate precisa inoltre che i precedenti fiscali del contribuente non sono generalmente esaminati in sede di valutazione della proposta di transazione fiscale, in ragione del fatto che gli stessi sono normalmente oggetto di verifica nel corso delle attività di controllo formale e sostanziale.

La circolare precisa tuttavia che si tratta di una prassi che non esclude di per sé la possibilità di un esame dei precedenti fiscali, i quali possono essere infatti oggetto di valutazione quando emergano condotte riconducibili ad una sistematica e deliberata violazione di obblighi fiscali.

4.3. Le fattispecie di frode

L’Agenzia delle Entrate riserva invece una attenzione particolare ai casi di frode posti in essere dal contribuente, quali ad esempio l’uso di documentazione falsa, il ricorso ad altri artifizi e raggiri o la conclusione di operazioni in tutto o in parte simulate.

Si tratta difatti di condotte che denotano l’assenza, da parte del contribuente, di un comportamento ispirato ai principi di collaborazione e trasparenza nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.

Nel caso dovessero pertanto emergere fattispecie di questo tipo, l’Agenzia delle Entrate richiede ai propri Uffici di rafforzare ed ampliare l’ambito dell’attività di valutazione che non può essere limitata ad una analisi di tipo campionario od alla adozione di criteri basati sulle soglie di materialità degli errori.

La circolare pone difatti l’accento sulla necessità di garantire la massima tutela dell’interesse erariale che deve in questo frangente ritenersi prevalente rispetto all’esigenza di assicurare la celerità della procedura alla luce della gravità dei comportamenti pregressi tenuti dal contribuente.

L’Agenzia delle Entrate precisa che gli Uffici dovranno per contro valorizzare eventuali ed effettive situazioni di discontinuità rispetto alla precedente compagine sociale od agli organi direttivi dell’impresa responsabili della realizzazione di fattispecie di frode ai fini della valutazione della proposta di transazione fiscale.

5. Il ruolo della finanza esterna

La circolare si concentra anche sull’apporto della finanza esterna di cui può beneficiare l’impresa essendo considerato come un elemento avente particolare pregio in sede di verifica della convenienza della proposta.

Da un punto di vista sostanziale, la finanza esterna è intesa come il contributo di risorse od utilità economiche messe al servizio del solo fabbisogno concordatario e/o convenzionale che non fanno parte del patrimonio dell’impresa in stato di crisi al momento del deposito della domanda di concordato ovvero di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.

Si tratta pertanto di disponibilità finanziarie che possono essere liberamente utilizzate per il soddisfacimento delle pretese creditorie, in quanto non sono assoggettate né alla regola della responsabilità patrimoniale del debitore ex art. 2740, c.c., né alle regole sulle cause di prelazione ex art. 2741, c.c.).

L’Agenzia delle Entrate sottolinea che la presenza di finanza esterna costituisce una presunzione relativa di convenienza della proposta.

Per quanto specificatamente concerne la procedura di concordato, la circolare fornisce un chiarimento in merito alla posizione che assumono i flussi di cassa generati dalla continuità aziendale, dal momento che si tratta di proventi che non possono essere qualificabili come finanza esterna in senso tecnico, visto che rientrano nel novero dei ricavi riconducibili al patrimonio del debitore.

I flussi di cassa sono difatti in specie destinati al soddisfacimento dei creditori secondo le regole del concorso o quanto meno nel senso di non alterare l’ordine delle cause di prelazione.

L’Agenzia delle Entrate ritiene pertanto che la distribuzione delle somme provenienti dai flussi di cassa prodotti dalla continuità aziendale deve avvenire in modo da assicurare, in ogni caso, un trattamento non deteriore alla pretesa tributaria rispetto ai creditori concorrenti, secondo quanto prescritto dall’art. 182-ter, comma 1, L.F., e, nel contempo, il miglior soddisfacimento rispetto all’alternativa liquidatoria.

6. La rateizzazione del debito tributario

La circolare fornisce altresì chiarimenti in merito alla rilevanza che possono assumere i tempi di rateizzazione del debito tributario.

Con riferimento alla procedura di concordato preventivo, l’Agenzia delle Entrate precisa che la questione vada affrontata senza affidarsi a schemi generalizzati, essendo necessario compiere una valutazione caso per caso tenuto conto delle caratteristiche specifiche di ciascuna fattispecie da esaminare.

Si possono infatti verificare situazioni differenti che richiedono l’effettuazione di una valutazione complessiva che tenga conto ad esempio dei seguenti rilievi:

  • le caratteristiche del patrimonio aziendale;
  • le relazioni commerciali del contribuente;
  • la natura dell’attività imprenditoriale;
  • l’expertise ed il know-how posseduto dall’impresa nel settore di appartenenza;
  • il regime di concorrenza in cui opera l’impresa;
  • le aspettative di sviluppo del mercato;
  • l’entità del debito;
  • l’economicità della proposta.

L’Agenzia delle Entrate evidenzia che nessuna tempistica possa essere ritenuta aprioristicamente accettabile od inaccettabile vista la varietà delle situazioni e delle fattispecie che si possono concretamente verificare.

Si ritiene pertanto possibile consentire di compiere una valutazione positiva anche con riferimento a proposte di pagamento dilazionato basate su archi temporali medio – lunghi che generalmente sono visti con minor favore, dal momento che sono connotate da un margine di aleatorietà.

Nello specifico la circolare precisa che possono essere valutate positivamente proposte che prevedano dilazioni di pagamento superiori a 5 anni, a condizione che l’impresa fornisca oggettive motivazioni idonee a garantire l’attendibilità di proiezioni a supporto delle ipotesi formulate dal contribuente stesso.

Nell’effettuare l’esame delle proposte di transazione fiscale, l’Agenzia delle Entrate invita pertanto gli Uffici a prestare attenzione alla ragionevolezza delle ipotesi che maggiormente incidono sulle probabilità di successo del progetto di risanamento.

L’indicazione è infatti quella di addivenire alla conclusione di accordi che il debitore può concretamente gestire.

Si è dunque data una chiara istruzione agli Uffici ai quali è richiesto di evitare di subordinare il raggiungimento di un accordo al rispetto di tempistiche e modalità di adempimento particolarmente onerose per il contribuente che potrebbero risultare, di fatto, impossibili da rispettare alla luce della situazione economico-finanziaria in cui si trova l’impresa.

Nel compiere la valutazione dell’intervallo temporale proposto per l’adempimento del debito tributario, gli Uffici devono prestare attenzione al grado di attendibilità che riveste il piano di pagamento, tenendo conto dei flussi finanziari in entrata, anche qualora lo stesso preveda una rateizzazione distribuita nel limite ordinario massimo di 10 anni come disposto dall’art 19 del D.P.R. n. 602/1973.

7. Le percentuali di ristoro

La circolare si sofferma anche sulla questione riguardante la rilevanza che può essere riconosciuta alla percentuale di ristoro offerta per il pagamento del debito tributario.

Con riferimento alla procedura di concordato preventivo, l’Agenzia delle Entrate precisa che non può aprioristicamente ritenersi sussistente una percentuale al di sopra o al di sotto della quale la proposta debba ritenersi certamente meritevole o immeritevole di accoglimento. Resta tuttavia ferma la regola in forza della quale la proposta di soddisfacimento non deve essere inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione.

Per quanto concerne invece gli accordi di ristrutturazione dei debiti, la circolare prevede che non possono considerarsi automaticamente ostative dell’accoglimento della proposta, eventuali clausole volte ad estendere gli effetti remissori della transazione a favore dei coobbligati.

È quindi possibile che vengano altresì prese in considerazione proposte contenenti clausole volte ad estendere ai soci illimitatamente responsabili gli effetti dell’accordo di ristrutturazione, anche prima dell’entrata in vigore di quanto disposto dall’art. 59, comma 3, del D.lgs.n. 14/2019.

8. Creditori strategici

L’Agenzia delle Entrate ricorda infine che il principio generale del trattamento non deteriore per l’erario, applicabile non solo per il concordato preventivo, ma anche nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti, è derogabile solamente in presenza di creditori a valenza strategica.

Alla luce di quanto previsto dall’art. 182 quinques, comma 5, L.F., è infatti consentito un trattamento preferenziale in favore dei “creditori strategici”, ritenuti tali in funzione dell’imprescindibilità del loro apporto ai fini della continuità aziendale.

La strategicità del creditore deve però essere giustificata sulla base di elementi oggettivi e concreti e non meramente asserita.

La circolare invita pertanto gli Uffici a prestare una particolare attenzione ai casi in cui il contribuente qualifichi come “creditore strategico” un soggetto ad esso correlato.

Gli Uffici debbono infatti assicurarsi che le condizioni pattuite siano coerenti con le normali logiche di mercato.

fonte: Altalex

AGENZIA ENTRATE, CIRCOLARE N. 34/E DEL 29.12.2020>> SCARICA IL PDF